di Roberto Maurizio
Una briciola di pane
Non è stata la mancanza di numerosi leaders mondiali a produrre il completo fallimento del Summit della Fao (Roma, 16-18 novembre 2009). Non è stato nemmeno il rifiuto dei paesi ricchi di aiutare quelli più poveri a determinare il misero risultato di un incontro internazionale gestito dall'ente più inutile che respinge addirittura i freelance italiani. Non è stata l'assenza di Obama ad offuscare un incontro burocratico che ha reso impossibile le vita dei cittadini romani, invasi da trattori di agricoltori e dalle "veline" di Gheddafi. Non è stato neanche il connubio tra organismi internazionali e organismi non governativi riuniti all'ex Mattatoio, guidati dalla stessa logica dei finanziamenti, a decretare la povertà delle proposte per rendere più vivibile il nostro pianeta nel quale muoiono, come fiocchi di neve al Sole, milioni di bambini innocenti. E' stata la mancanza di sentimenti che ha prodotto il completo fallimento della più burocratica delle riunioni mai messi in piedi prima dalla Fao, con la complicità dei più piccoli, come l'Ifad, il Pam e il Cam, che quando tutto va bene, una briciola di pane, come quella del Cern, va anche a loro, e quando perdono, nessuno li calcola.
La “Pannellata”
Dunque, dopo tre giorni di “cuoco” (ogni riferimento alle grandi mangiate dei leaders è fuori dal contesto), domani, 18 novembre 2009, si chiuderà uno dei Vertici più deludenti della Fao (Food and Agricolture Organization, l’Agezia specializzata dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, nata a Citta del Québec, Canada, il 16 ottobre 1945) degli ultimi tempi. Se si esclude, 1. lo “sciopero breve” della fame del suo Direttore generale Jacques Diouf, una mezza “Pannellata”, prontamente imitato dal Sindaco della Città Eterna, Gianni Alemanno, 2. la “trovata gratta e vinci”, simile alla “nomination telefonica” del Grande Fratello, promossa dalla Direttrice esecutiva del World Food Programme, Josette Sheeran, “onebillionhungry”, e
Un’altra dimensione
Solo Papa Benedetto XVI è rimasto sopra le righe. «La Comunità internazionale sta affrontando una grave crisi economico finanziaria. Le statistiche testimoniano la crescita del numero di chi soffre la fame e a questo concorrono l'aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, la diminuzione delle disponibilità economiche delle popolazioni più povere, il limitato accesso al mercato e al cibo», ha affermato in francese il Papa. «Non è possibile continuare ad accettare opulenza e spreco, quando il dramma della fame assume dimensioni sempre maggiori!». Con questa esclamazione Benedetto XVI ha concluso il suo discorso. Per il Pontefice, fra le cause all'origine della grave crisi alimentare mondiale, non c'è solo l'aumento demografico, ma anche l'eccessivo e sconsiderato uso delle risorse ambientali, un legame importante fra cambiamenti climatici mondiali e questione alimentare. E poi: «I metodi di produzione alimentare impongono un'attenta analisi del rapporto tra lo sviluppo e la tutela ambientale. Il desiderio di possedere e di usare in maniera eccessiva e disordinata,le risorse del pianeta è la causa prima di ogni degrado dell'ambiente».
Buone notizie accanto alla vergogna del mancato impegno del Nord
La strada da percorrere per raggiungere gli “Obiettivi del Millennio” è ancora lunga (e complicata dai “nuovi problemi globali come i cambiamenti climatici”). Tuttavia, l'Ocse/Dac, fuori completamente dalla filosofia della città blindata della Fao, che permette a Gheddafi di raggiungere le sue “stager” e a me di essere rifiutato come freelance, lancia segnali di speranza: il tasso di povertà in Africa è sceso di 6 punti percentuali dal 2002 e si è ridotto il numero delle persone in povertà estrema; i morti di morbillo nel mondo sono scesi dai 757mila del 2000 ai 242mila del 2006, con una riduzione del 68 per cento a livello globale e del 91 per cento nella sola Africa sub-sahariana. Importanti risultati sono stati raggiunti, infine, anche nel settore dell'istruzione: il numero dei bambini che frequentano la scuola primaria è passato dall'80 per cento sul totale dei piccoli in età scolare del 1991 all'88 per cento del 2005. Un'altra buona notizia riguarda le relazioni tra i Paesi donatori e quelli partner, che secondo il segretario generale Ocse, Angel Gurria, “si stanno sforzando sempre di più a promuovere la qualità e l'efficacia degli aiuti". A questo proposito, è stato "molto proficuo" il lavoro sull'efficienza degli aiuti, svolto all'interno del Comitato, che ha favorito il dialogo tra donatori e partner sul dove e come impegnare al meglio le risorse. Nonostante i passi avanti raggiunti, comunque, Gurria fa notare che è "molto" il lavoro da fare, "sia nell'impegno del mantenimento delle promesse fatte dai Grandi del pianeta, ancora drammaticamente disattese, che nel miglioramento dell’impatto degli aiuti come stabilito dalla Dichiarazione di Parigi del 2003".
I cinque punti del Vertice
Questi sono i cinque punti della risoluzione approvata dal Summit della Fao: 1) Sostenere la responsabilità dei governi nazionali e la necessità di investire nei programmi di sviluppo rurale come predisposti dai singoli governi. 2) Maggiore coordinamento tra strategie nazionali, regionali e globali per un migliore impiego delle risorse. 3) Un approccio binario che consiste in un’azione diretta per rispondere all’emergenza alimentare immediata, ma anche nell’adozione di programmi a medio e lungo termine per eliminare le cause di fondo della fame e povertà. 4) Vigilare perché il sistema multilaterale giochi un ruolo centrale grazie a miglioramenti continui dell’efficienza, della reattività, del coordinamento e dell’efficacia delle istituzioni multilaterali (in questo punto viene affrontata anche la questione della riforma della Fao e si sottolinea come la realizzazione dei vari impegni di aiuto assunti dai governi - da ultimo nella dichiarazione del G8 a L’Aquila - sia "cruciale"). 5) Garantire un impegno sostenuto e sostenibile da parte di tutti i partner a investire nell’agricoltura e nella sicurezza alimentare in maniera tempestiva e affidabile, con lo stanziamento delle risorse necessarie dell’ambito di piani e programmi pluriennali.
Ok il prezzo è giusto
Le Organizzazioni Non Governative si dicono insoddisfatte dal piano in "cinque punti" varato a Roma, denunciano le "troppe omissioni" del testo ufficiale e lanciano la campagna "Ok, il prezzo è ingiusto". Il rapporto "Fame di Cambiamento" rivela che esiste una gamma di possibilità per fermare la malnutrizione, causa di danni irreversibili allo sviluppo fisico e cognitivo dei bambini, sin dal loro concepimento al compimento del secondo anno di vita.
Come diceva Marx, esiste solo un’economia
I 600 delegati di organizzazioni contadine, di agricoltori, pescatori, donne, giovani indigeni e Ong internazionali riunite alla «Città dell'altra economia» per il Forum parallelo al Vertice della Fao hanno espresso grande delusione per la dichiarazione approvata dalla Fao. «Il modello di sviluppo e le politiche agricolo-alimentari fin qui perseguito - ha sottolineato in una nota il presidente dell'Associazione Ong italiane Sergio Marelli - hanno fatto sì che negli ultimi due anni il numero degli affamati crescesse di 200 milioni. Il prezzo pagato per ottenere il voto favorevole di Usa, Canada, Australia e degli altri paesi del G8 è troppo alto». Per Marelli, «aver tolto il riferimento temporale del 2025 per l'eliminazione totale della fame nel mondo, aver cancellato la necessità di stanziare 44 miliardi di dollari all'anno per il sostegno all'agricoltura come richiesto dal direttore generale della Fao Diouf, fanno di questa dichiarazione un documento «privo di ogni strumento per rendere efficace la lotta alla fame nel mondo». Inoltre, ha aggiunto Marelli, «l'assenza dei leader del G8 al vertice, anticipata con le dichiarazioni di ieri circa l'accordo tra Usa e Cina per sminuire i risultati del vertice di Copenaghen sul clima, è un chiaro messaggio di come i Paesi ricchi cerchino ancora di imporre la loro politica nei confronti di quelli poveri». Per Marelli, «le politiche agricolo-alimentari e la gestione delle risorse per la loro implementazione non possono che essere competenza delle agenzie specializzate dell'Onu (Fao, Pam, Ifad, ndr.) e non vanno consegnate alla Banca Mondiale come vorrebbero i G8».
Contro le multinazionali
«Circa l'80% delle persone che soffrono la fame vivono nelle zone rurali, ma la politica della Fao è quella di concentrarsi sulle multinazionali», è la denuncia di Henry Saragih, coordinatore generale de 'La Via Campesinà, movimento internazionale dei piccoli agricoltori. Davanti alla loro tenda, i militanti hanno interpretato una sceneggiata dove incarnano i piccoli produttori dell'America Latina e dell'Africa vessati dalle multinazionali tra cui il gigante americano Monsanto. E dalle organizzazioni della società civile giunge anche, attraverso un comunicato congiunto, l'invito ai grandi della terra di sostenere l'uso degli stock mondiali di prodotti agricoli »come passo essenziale per assicurare una sicurezza alimentare per tutti».
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